Criceti o rondini?
Lorena Atzori
Era ancora inverno quando abbiamo dovuto stare a casa: un inverno mite, di passeggiate e gelati all’aperto. Stupiti, confusi, impauriti ma comunque determinati ci siamo fermati e, mentre eravamo impegnati a impostare nuove routine, organizzando agende e ritmi familiari e lavorativi, è arrivata la primavera. Sono tornate le rondini, anche a Milano, a mostrarci la ciclicità e l’eterno ritorno di un universo che, comunque vada e nonostante tutto, si rinnova e si rigenera.
Eh certo, direte. Certo è più facile per le rondini. Arrivano, fanno il nido, ripartono e l’anno dopo ritornano, in un ciclo continuo e immutabile di nascita e rinascita. Non hanno le responsabilità che ho io. Eppure era passato poco tempo da quell’inizio dell’anno: ero partito bene, avevo fatto dei progetti e pure la lista dei “buoni propositi” ed ero determinato a raggiungerli. E ora?
Da un lato ci siamo noi, con i nostri sfidanti ma rassicuranti buoni propositi su quello che vogliamo e/o quello che “dobbiamo”. Dall’altro c’è “ciò che succede”, che a volte ci accompagna e a volte si frappone tra noi e quello che avremmo voluto. “Ciò che succede” ci toglie il controllo, rendendoci instabili. E stavolta “ciò che succede” l’ha fatta grossa.
Ma cosa c’entrano allora le rondini?
Le rondini mi hanno fatto pensare a ciò che le saggezze più antiche ci raccontano, e che ora viene sempre più confermato anche dalle neuroscienze e dalla fisica quantistica: che l’universo vive e si muove in un unico ed eterno fluire, esprimendosi in infinite forme, ognuna delle quali ha la potenza e la perfezione per raggiungere la sua massima espressione. È la legge grazie alla quale un embrione diventa bambino e una ghianda diventa quercia senza che debba operare delle scelte o darsi degli obiettivi. Come le rondini, le ghiande e tutto il resto del creato, noi siamo all’interno dello stesso grande campo energetico che si esprime in ciò che vediamo, che ci circonda e che interpretiamo continuamente, scegliendo.
Recentemente un caro amico mi ha detto “sembriamo tutti dei criceti, che continuano a correre sul posto anche se gli viene tolta la ruota”. Invece le rondini ci mostrano un’altra via: andare oltre il bisogno di controllo e sostituirlo con il lasciarsi fluire, scegliendo la sfida di vivere pienamente la nostra vita, fidandoci del flusso energetico nel quale siamo tutti uniti e delle potenzialità presenti in ciascuno di noi.
Le rondini aprono le ali e si affidano alle correnti, per tornare al loro nido, nella gioia del loro canto.
Mi piace pensare – e ci credo davvero – che come loro possiamo essere capaci di andare oltre la paura di un futuro che non possiamo controllare, sostituendola con l’amore, con uno sguardo diverso e rivolto alla gioia, in armonia con ciò che ci circonda, lasciandoci trasportare in quel flusso di consapevolezza che ha il potere di illuminarci, di ispirarci, di guidarci a realizzare tutto ciò che può essere davvero buono, vero e utile per la nostra esistenza e per quella di coloro che incontreremo.
Questo non significa smettere di prendere decisioni, anzi. Significa prenderne una subito ora: quella di cambiare la nostra percezione e il nostro punto di vista.
Vogliamo essere criceti o rondini?
E se la cosa vi sembra folle o quantomeno poco realizzabile, vi propongo un esercizio facile e veloce: la mattina, appena svegli, seduti sul letto o magari davanti ad una finestra aperta, chiudete gli occhi e fate 3 lunghi respiri. Uno per il vostro cuore, uno per la vostra testa e uno per la vostra pancia. Poi aprite le braccia come fossero ali e immaginate di volare, come le rondini, sfrecciando sui tetti del quartiere o cambiando continente. Sentite il vento e il cuore che si apre, con il vostro respiro. Sorridete.
Scegliete di essere rondine e iniziate il vostro viaggio, ogni giorno.
Non siete soli. Non siamo soli.
“- Bene, gatto. Ci siamo riusciti – disse sospirando – Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante – miagolò Zorba
– Ah sì? E cosa ha capito? – chiese l’umano
– Che vola solo chi osa farlo – miagolò Zorba.”
Luis Sepúlveda