Gli automatismi: limiti e risorse

19 Gennaio 2002

Quante volte usciti da una giornata di lavoro percorrendo la strada, che ci conduce verso casa, ci accorgiamo di assumere gli stessi gesti, le stesse azioni, o di provare le stesse sensazioni? Quante volte ci accorgiamo che mentre, per esempio, stiamo mangiando siamo sempre seduti allo stesso modo, con la stessa espressione in viso oppure con la stessa modalità di pensiero?

Gli automatismi si caratterizzano per il fatto di mettere in evidenza un’esperienza che si ripete su più livelli del nostro essere (pensiero, azione, linguaggio, emozione) accompagnata dalla mancanza d’attenzione cosciente da parte del soggetto. Per esempio, quando stiamo parlando con qualcuno in modo molto animato sarà difficile avere la nostra attenzione su altri stimoli come la sensazione di avere i piedi nelle scarpe, o piuttosto di assumere una particolare espressione nel viso.

E’ fisiologicamente impossibile avere la completa attenzione su tutto ciò che ci accade dentro di noi, o di tutti gli stimoli che provengono dall’ambiente, e di conseguenza il ripetersi di un gesto o di un modo di dire è più che naturale se la nostra attenzione è diretta ad altro.

L’argomento degli automatismi è affrontato a partire dalla mia esperienza come operatrice del Metodo Grinberg, metodo corporeo che utilizza il tocco e il movimento per offrire alla persona degli strumenti che le permettano di mettere maggiore attenzione a come è arrivata a costruire determinati sintomi fisici o attitudini comportamentali che la rendono prigioniera di un medesimo schema.

Determinati gesti, posture, modi di dire sono rivelatori di un nostro modo di essere, possono essere visti una parte come rivelatori di un “luogo” sicuro in cui il soggetto è riconosciuto, dall’altra parte possono essere visti come una prigione che limita all’individuo la sua esperienza. Pensiamo, per esempio, a una persona che culturalmente è definita “timida”, il suo “essere nella timidezza” lo manifesterà in tutto il suo modo d’esprimersi: degli automatismi a livello dei gesti, delle posture nei modi di dire ecc, la “prigione timidezza” non le permetterà di sperimentare altro, non le permetterà di attingere ad altre risorse e capacità, e a lungo andare potrà anche manifestare dei disturbi a livello fisico indicatori del suo stato.

Una persona timida pensa che la tale condizione e qualcosa di definitivo o generalizzabile a più situazioni, e profondamente convinta che la timidezza è identificabile con se stessa, che non potrà fare altro che “subire” tale condizione.
Il mio lavoro come operatrice del Metodo Grinberg consiste proprio nell’offrire alla persone la possibilità di fare l’esperienza che determinati attitudini comportamentali o dei sintomi fisici sono solo degli schemi e “non sono loro”, che la possibilità di cambiare e alla loro portata, in quanto loro sono molto di più degli schemi che possiedono. Esiste una reale possibilità di attingere a nuove risorse, di avere più possibilità di scelta piuttosto che una scelta subita e incastrante, di allargare i limiti della prigione e scoprire nuovi mondi, d’essere spettatore passivo della propria vita o attivo, di “lasciarsi vivere” o vivere.

Francesca Pantò
Operatrice Metodo Grinberg 1° livello.

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